Ti faccio un breve riassunto:
Baker è un'ex promessa del tennis americano. Da junior batte Djokovic e Murray, ma anche Tsonga, Berdych, Wawrinka e Baghdatis. Gli addetti ai lavori lo vedono come un sicuro top 10, e d'altra parte raggiunge il n.2 della classifica juniores. A 19 anni vince il suo primo challenger, e l'anno dopo (2005) comincia ad ottenere vittorie importanti anche nel circuito maggiore. Raggiunge il suo b.r al n.172 (lo è tuttora, ma ai tempi nessuno l'avrebbe mai pensato). Forse sarebbe diventato davvero un campione, forse avrebbe avuto un'onesta carriera e nulla più, non lo sapremo mai. La rottura dell'anca e la successiva rottura del gomito lo costringono a due anni di operazioni chirurgiche, peraltro molto complicate. Il rientro sembra utopia: nel 2007 disputa due challengers, ma il fisico regge. Accantona il sogno di una carriera tra i pro, pur rimanendo nel tennis come coach. Tuttavia passano due anni, e il dolore diminuisce. Baker decide, quasi per gioco, di riprovarci: nel 2009 si iscrive ad un future in Pennsylvania. Lo vince, senza smarrire un set per strada. Da lì è storia recente. I sogni di gloria sono stati riposti nel cassetto, ma Baker è di nuovo un giocatore di tennis. Nel 2011 torna a costruirsi una classifica tra i pro. L'exploit di Knoxville (finale persa con Levine) lo riporta nel purgatorio del tennis. L'anno in corso è quello del ritorno a tempo pieno. I futures ormai gli vanno stretti. Sulla terra verde di Savannah coglie il successo che gli garantisce una sacrosanta wild card al Roland Garros, lì tra i grandi, dove sarebbe dovuto essere. Ieri, a 7 anni dall'ultima apparizione, è tornato nel circuito maggiore battendo Stakhovsky al termine di una partita molto combattuta. Non me ne voglia l'ucraino, ma la vittoria di Baker è il lieto fine di una splendida favola sportiva. La sfida con Monfils, top 20, sul centrale di Nizza, è l'inizio della nuova carriera di Brian.